sabato 28 marzo 2009

Alla rincorsa del neuro-bit


Il concetto di singolarità tecnologia, apparentemente semplice ed evidente, definisce quel determinato momento nella storia quando la tecnica si evolverà in maniera troppo complessa per essere compresa dall’uomo.

“Il computer, in meno di un’ora, può fornire ai nostri scienziati il progetto di un cervello che contiene tutti gli schemi positronici necessari a un robot per….”

Così Isaac Asimov nella sua novella “Lenny” descrive la genesi automatica dell’intelligenza artificiale che viene creata attraverso processi di cui l’uomo non ha controllo diretto.

La singolarità sembra ancora molto lontana ma Asimov l’immaginava già nella prima metà del secolo scorso quando ancora non esistevano ne computer ne internet.

Il filone narrativo di fantascienza che spazia su questo concetto è vastissimo ma nella vita reale quanto è lontana davvero la singolarità?

I computer anche se sempre più intelligenti forse non riusciranno, per come concepiti, a superare la macchina pensante umana ma nuove frontiere vengono infrante ogni giorno nel campo delle neuroscienze e sempre di più si vede la strada dell’evoluzione informatica orientata al biologico. La sostituzione infatti dei chip con delle cellule celebrali è già realtà per il produttore svizzero K-Team che ha sviluppato l’”Hybrid robot” anche ribattezzato “Hybrot”. L’idea è semplice quanto inquietante, si è collegato il cervello di un topo ad un robot, la cui meccanica gli permette solo le funzioni motorie basilari, e si è visto come il robot sia capace non solo di schivare gli ostacoli ma di apprendere percorsi e situazioni.
Per quanto inquietante questo possa sembrare in realtà aspettiamo di vedere cosa ci riserveranno le prossime ricerche in questo campo che saranno ancora più sbalorditive della creatura di K-Team.
Quindi se l’intelligenza artificiale digitale sembra lontana da sfuggirci di mano, quella biologica ancora agli albori mi appare realizzabile e forse questo timore-desiderio della realizzazione delle macchine pensanti potrebbe sul piano della bioingegneria sfociare nel giro dei prossimi secoli nella fatidica singolarità tecnologica.

Staremo a vedere.

Per approfondire: articolo della Repubblica su Hybrot


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