domenica 15 marzo 2009

Risonanze di Schumann

Forse il titolo (Risonanze di Shumann) non vi dice niente, non vi suggerisce la complessa teoria che risiede dietro questo nome. Voglio parlarvi ben d’altro che di teorie fisiche, di cui tra le altre cose non saprei reggere alcuna argomentazione.

Mi è capitato di riguardare l’avanguardistico “Lain Serial Experiment”, anime giapponese, rimanendo affascinato dalla fantasia che sta dietro ad una storia tanto assurda quanto ricercata, elaborata e studiata nei dettagli. Questo cartone animato giapponese (anime per l’appunto) narra una vicenda incredibile, distopica; l’incipit vede la protagonista a dover affrontare lo shock del suicidio di una sua compagna di scuola, dalla quale riceverà delle email dopo la morte. Le mail prima verranno considerate uno scherzo, poi Lain si convincerà che la verità è molto più complessa di quello che sembri; i messaggi elettronici infatti sono solo un monito della natura della rete “Weird”, evoluzione di internet, che prevede un accesso diretto tra rete e cervello umano senza la mediazione di nessun devices. La connessione neurale viene descritta appunto mettendo in gioco le “risonanze di Schumann”. Lain nella ricerca delle sue origini si imbatterà in una sconvolgente verità, la sua provenienza non reale ma virtuale. Weird è stata la sua culla e tutte le sue memorie sono virtuali. Questo causerà alla protagonista una mole di dolore e spaesamento che lo spettatore fa propria.


A questo punto non vi posso rivelare altri dettagli, già molto vi ho raccontato.


Questa serie televisiva è coraggiosa, mette alla luce una realtà che al pensiero razionale appare come un film horror. I modi con cui viene raccontata però sono soffusi, quasi fosse un sogno. Il tetro filo conduttore che lega i vari episodi non lascia minimamente spazio allo scatenarsi di violenza ma è un viaggio psicologico ardito verso orizzonti che molti preferiscono ignorare. Il “post-umano” spaventa ma a metà del secolo scorso questi temi sono diventati attualità nei laboratori degli uomini di scienza e non solo. Il superuomo nicciano è solo l’inizio di una corrente che vede l’uomo alla ricerca del superamento dei propri limiti. Vannevar Bush, ideatore del Memex e autore dell’articolo “As We May Think”, mise le basi per quello che oggi ci sembra scontatamente la lettura non lineare, o per meglio dire l’ipertesto. Ma l’uomo chiave, che mai come altri ha stravolto le prospettive dell’umanità, è Douglas Engelbart. Nel suo saggio “Augmenting Human Intellect: A Conceptual Framework” immagina come l’interazione uomo-macchina possa amplificare l’intelligenza, possa spingere la nostra specie verso orizzonti nuovi, lontani. Sarà Engelbart ad inventare la videoscrittura e il mouse, il paradigma del copia incolla; Engelbart è il pioniere dell’interfaccia che oggi usiamo nei nostri computer ma il suo “framework concettuale” era letteralmente geniale, lo è ancora.
Gli episodi della letteratura di genere d’altro canto, basati su storie che mettano in risalto la pericolosità di questa ricerca attraverso la tecnologia, non mancano. Nel 1956 uscì un film cult della fantascienza “Forbidden Planet” che mette in luce proprio questo difficile legame tra intelligenza-aumentata e rischi causati da essa. Le novelle di Isaac Asimov sono tessute attorno a come esseri cibernetici possano nuocere all’esistenza umana facendo intravedere in ogni suo racconto lo stretto limite che ci porta alla “singolarità tecnologica” (su cui presto scriverò un articolo).
In conclusione Lain è un esempio di questo filone narrativo postmoderno anche se molto più profondo ed inquietante, che definirei spietato nella ricerca dell’inquietudine sita nei più remoti angoli della psicologia.
Assolutamente da vedere.


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